di Padre Gian Marco Mattei
Il passaggio del Mar Rosso.
Gli ebrei festanti arrivarono al mar Rosso, evitando la via più breve verso la terra promessa, perché controllata dalle milizie del faraone. “Quando fu riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero : ”Che abbiamo fatto, lasciando partire Israele, così che non ci serva!”. Attaccò allora il cocchio e prese con se i suoi soldati. Prese poi seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone re, d’Egitto, (cioè, Dio manifestò e giudicò la durezza del suo cuore e la sua volontà furiosa di vendetta), “il quale inseguì gli Israeliti mentre uscivano a mani alzate” (In festa!)…. Li raggiunsero mentre erano accampati verso il mare. Quando il faraone fu vicino, gli israeliti alzarono gli occhi : ecco, gli egiziani muovevano il campo dietro di loro! Allora gli israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. Poi dissero a Mosè : “Forse perché non c’erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Lasciaci stare e serviremo gli egiziani, perché è meglio per noi servire gli egiziani che morire in questo deserto” (Es,14,14).
Dunque, Il popolo non è ancora pronto per la libertà! “Mosè rispose: Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi, perché gli egiziani che oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi state tranquilli!” (Es. 14,5-11). “Il Signore disse a Mosè: perché gridi verso di me? Ordina agli israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli israeliti entrino nel mare all’asciutto”… Allora Mosè stese la mano, e il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto…. Gli egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli egiziani dissero: “Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli egiziani!” Il Signore disse a Mosè: stendi la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse, così salvò Israele in mezzo al mare… non ne scampò neppure uno… In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli egiziani e Israele vide i morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè” (Es.14,15-31).
Il nome di “Jahwè, Colui che salva”, rivelato a Mosè, è anticipo del nome glorioso di Gesù, nostro Salvatore, che c’insegna a ricercarlo e a riconoscerlo negli avvenimenti quotidiani della vita. La sua presenza si sperimenta sempre, quando ci rivolgiamo a lui con fede e amore. “Nulla è impossibile a Dio!” (Gn.18,11; Lc.1,37). Gesù dirà a Marta, preoccupata dell’apertura della tomba di Lazzaro, dopo quattro giorni dalla sua morte, quando per il caldo dava già segni di decomposizione : “Se tu credi vedrai la gloria di Dio!” (Lc.11, 40), vedrai la manifestazione della sua potenza e del suo amore.
La Parola di Dio è eterna, non invecchia mai, è sempre attuale! Il passaggio del Mar Rosso ci pone di fronte ad un evento che illumina la nostra esistenza. Israele si è venuto a trovare in un una situazione disperata, umanamente insuperabile: il mare davanti e la spada del nemico furente alle spalle! La morte è vicina! La reazione è un grido di disperazione e di protesta, ma l’uomo di Dio, Mosè, cambia questo grido disperato in fiducia: “Di questa gente domani non vedrete più nessuno, perché Dio combatterà per noi” (Es.14, 13-14). La condizione per vincere ogni battaglia è la fede assoluta in Dio, prima del combattimento! I profeti condanneranno le alleanze di Israele con i popoli vicini e idolatri, rivelatesi storicamente negative, perché la salvezza viene solo dal Signore, come premio della fedeltà ai suoi santi precetti. Israele non ha meritato nulla, tutto è opera di Dio, anche Mosè non fa altro che ascoltare la voce di Dio e obbedirgli. La preghiera fatta con fede e con amore filiale, cambia le situazioni. Tertulliano, apologeta del II° secolo, ha scritto che: “Dio si lascia vincere solo dalla preghiera”, perché è amore, è padre! Dunque, nella banalità della sua storia, Israele ha scoperto la presenza meravigliosa di Dio; in particolar modo, il giorno in cui, rischiando tutto nella fede, ha constatato che la sua fragilità, la sua impotenza era sostenuta dalla potenza divina. L’esodo costituisce l’atto di nascita d’Israele.
Dio non ci nega i suoi “segni” : anzi, meditando l’annunciazione a Maria ss.ma (Lc.1) vediamo che Dio non ci nega mai due cose : lo Spirito santo e i segni. “Lo Spirito Santo scenderà su di te”, e tu avrai la gloria della verginità e della maternità ; poi il “segno”: “Vedi, Elisabetta, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio, e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio!” (v.36). Israele non ha ancora fede e l’evidenza del miracolo la genera: “vide e credette”. Grazie all’insegnamento di Gesù che ha interiorizzato e perfezionato la legge mosaica, oggi dobbiamo dire che non è il miracolo che genera la fede, ma la fede genera il miracolo : “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno” (Gv-20,29). Dall’evento straordinario, impensabile, nasce la fede del popolo eletto: Dio ha mostrato coi fatti di essere il salvatore degli oppressi. L’evento diventa una rivelazione, una “parola di Dio”. Il timore del nemico è scomparso insieme alla paura del mare invalicabile. La fede nel Dio che salva esplode nel canto di lode e di ringraziamento per la salvezza. Allora Mosè e gli israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero : “Voglio cantare in onore del Signore : perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere. Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare…. “Maria la profetessa, sorella di Mosè, prese in mano un timpano; dietro a lei uscirono le donne con i timpani formando cori di danze. Maria fece cantare il ritornello: “Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato : ha gettato in mare cavallo e cavaliere!” (Es.,1 .20).
Quante volte il Signore, invocato con fede, ribalta le situazioni ieri, come oggi! La più alta espressione di fede è il ringraziamento. Papa Benedetto XVI ha detto che la preghiera più bella è il giubilo. Nella S. Scrittura si afferma ripetutamente che la creazione stessa partecipa alla lode e al ringraziamento attraverso l’uomo che è sacerdote della natura. Qui mi piace ricordare una persona a me tanto cara : Magdalith, ebrea, scampata alla “Shoah”, con la sua mamma, mentre 24 dei suoi parenti sono morti ad Auschwitz! Divenuta cristiana a diciotto anni è vissuta santamente vicino alla Suore di Notre Dame de Sion; musicista, scrittrice, poetessa, artista: “Magdalith è un’anima! Bisognerebbe ascoltare : “Ashirà l’Adonai” il cantico di Mosè (Es.15,) in cui i termini ebraici “yam” (mare) e “Mayim adirim” (acque formidabili) risuonano in maniera epica. Ella canta con fede e con arte impareggiabile, l’eterna parola di Dio. il suo è il canto dell’umanità, dalla nascita alla morte, è un linguaggio integrale che supera le parole. Ascoltandola si rimane sorpresi e sbalorditi (Ne avremo una prova nell’ascoltare dal computer : “Magdalith, “Eli Eli, Lama Azavtani”).
Il dramma di Israele sulle rive del Mar Rosso si avvera pienamente in Gesù Cristo! Oltraggiato, deriso, martirizzato sulla Croce, si affida al Padre; la sua passione è la più solenne preghiera di intercessione per noi, il più sublime atto di obbedienza che ci ha redenti. “Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberalo da morte e fu esaudito per la sua pietà; (nella nostra salvezza e nella sua folgorante risurrezione), pur essendo Figlio imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì, e reso perfetto divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Ebr.5,7-9)
Il passaggio del Mar Rosso è anche un segno profetico del nostro Battesimo: vittoria di Dio sul peccato, passaggio da morte a vita, come spiegano i Padri della Chiesa e l’apostolo Paolo (Rm.6). Questo dono straordinario non è solo l’inizio della vita cristiana, ma anche il modello! Il mio pensiero corre al battistero paleo-cristiano, sotto la Chiesa di S. Giuseppe a Nazareth, pieno di profondi significati di fede, e di riferimenti biblici, compreso il passaggio del Mar Rosso.
Se tutto è dono di Dio è doveroso ringraziare! “Una massima rabbinica dice che, chi conosce la benedizione giusta per ogni cosa è un vero sapiente. Le benedizioni (Berakhòth) introducono l’uomo a un diverso rapporto con la natura : il godimento non è un diritto assoluto; è lecito, ma non bisogna dimenticare l’origine del bene. L’uomo non è creatore o sovrano del mondo. E deve ricordare il suo ruolo preciso nella creazione : soprattutto nel suo interesse, per non diventare schiavo dei beni che usa e che produce” (Berakhòth, Introduzione alle benedizioni). Molti salmi sono di lode e di ringraziamento. S.Paolo grida: “E siate riconoscenti! (Col.3,15b), ossia, celebrate la divina Eucarestia, il ringraziamento per eccellenza al Padre per la salvezza in Cristo Gesù. L’apostolo ci esorta ancora :“la parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole e in opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre” (Col.3,16-17), un programma completo di vita cristiana! È assolutamente certo che molti uomini e donne sono stati convertiti non tanto da discorsi, né da insegnamenti magistrali, ma dalla lode stessa che la Chiesa non ha mai cessato di elevare al Signore, nella liturgia, come facevano gli apostoli. E aggiungo: anche se le nostre chiese a volte sono carenti di canti di lode, di ringraziamento e di benedizione, le loro pietre gridano e proclamano la gloria del Signore e toccano il cuore di tante persone che passano di là come turisti e ripartono dopo aver intravisto, grazie a quelle pietre, il volto del Signore : “Laudato si’ mi’ Signore, per tutte le città d’Italia, da cui il canto delle tue lodi si eleva, lodi di pietra e di marmo, lodi di colori accesi sullo sfondo dell’oro” (Jorgensen, Laudes Italiae). È una esperienza che ho fatto, anche recentemente, con alcuni amici contemplando, a Pisa, il “prato di miracoli” con i suoi capolavori, sublimi testimonianze di fede!
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