di Padre Gian Marco Mattei
Premessa.
Mosè si è presentato ripetutamente al Faraone in nome di Dio “liberatore”, che prende le difese degli oppressi, ma il Faraone risponde con tutto l’odio di cui è ripieno: “si indurì”, manifestò una opposizione sempre più decisa. È un uomo pieno di sé, di orgoglio.
Chi è questo faraone ? Gli storici fanno tre nomi: Seti I, fondatore della XIX dinastia, potrebbe essere stato il primo persecutore degli ebrei e il loro esodo potrebbe essere avvenuto durante il suo regno. (1200-1150 a.C.). Altri, ritengono che l’oppressione e la schiavitù degli ebrei sia avvenuta con suo figlio Ramses II (1298-1235). Tale personaggio regnò a lungo, come ricorda la Bibbia; con le grandi istituzioni di potere da lui realizzate si creò una vera e propria ideologia assolutistica. Tra le tante opere edilizie, fece costruire un grande tempio dedicato a se stesso, ad Abu Simbel, ai confini con la Nubia, destinato a ospitare per “sempre” le cerimonie dedicate al suo culto. Sulla facciata del tempio fece scolpire nella roccia quattro sue statue, alte 20 m, per mettere in soggezioni i popoli del sud, dimostrando di essere uno dei più grandi megalomani della storia! Altri ancora pensano a Metneptah (1235 – 1224). Nella stele che celebra le sue vittorie sono nominati gli ebrei, da lui sottomessi. I riferimenti cronologici sono computati diversamente dagli storici e dai biblisti.
L’annuncio della Parola di Dio svela il cuore degli uomini (Cfr. Lc.3,35). Il faraone si ritiene una divinità! Non conosce altro dio all’infuori di se stesso : “Chi è il Signore perché debba obbedire alla sua voce?” (Es.5,2). Di conseguenza, impone lavori più duri agli israeliti e, peggio ancora, ordina la morte di tutti i bambini maschi appena nati! A questo porta la superbia sfrenata e l’utilitarismo: perché perdere una manodopera senza costo? I padri della Chiesa hanno visto nella superbia di quest’uomo, nella sua crudeltà disumana, l’immagine del demonio. Ed è così! Ci vorranno ripetuti castighi per convincerlo a lasciare libero il popolo di Dio: le 7 “piaghe”, che crescono di intensità per il rifiuto della parola di Dio annunziata da Mosè, suo intermediario: 1) l’acqua del Nilo resa imbevibile (Es.7,14.18.21.23-34 ; 2) l’invasione delle rane (Es.7,25-39; 8,4-10); 3) dei tafani (Es.8,16-20) ; 4) la moria del bestiame (Es.9,1-7); 5) la grandine (Es.9,13-21.23b-34); 6) l’invasione delle cavallette (Es.10,1-11. 13-1b-19. 24-29) e, infine, 7) la morte dei primogeniti (Es.11,4-8; 12,29-4).
Le prime sei piaghe sono fenomeni naturali avvenuti però in concomitanza del rifiuto del faraone: la creazione stessa insorge contro l’uomo peccatore; un concetto spesso ripetuto nella Bibbia. La settima piaga è il verdetto di Dio su un essere che ha tentato di opporsi a lui, come gli angeli ribelli.
La Pasqua, preludio dell’Esodo
Mosè convocò gli anziani d’Israele e disse loro: “Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la pasqua. Prendete un fascio di issopo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l’architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l’Egitto, vedrà il sangue… passerà oltre la porta; voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. (Es.12,21-29).
A seguito della tragica morte dei primogeniti “Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e disse: ”Alzatevi e abbandonate il mio popolo, voi e gli israeliti! Andate a servire il Signore come avete detto, e partite! Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi, come avete detto e partite! Benedite anche me!”. Gli egiziani fecero pressione sul popolo, affrettandosi a mandarli via dal paese, perché dicevano: “stiamo per morire tutti!” (Es.12,23 ; 31-33).
Il sacrificio di un agnello era, nei primordi, un rito “apotropaico”, cioè “propiziatorio”, prima della transumanza. Qui, il rito diventa propiziatorio dell’esodo dalla schiavitù, del lungo viaggio verso la “terra promessa”. I grandi eventi vissuti dal popolo ebraico e fissati indelebilmente nella sua coscienza sono “Mirabilia Dei”, “meraviglie di Dio”, eppure tutto ’A.T. è immagine, figura, ombra della realtà: la salvezza portataci dal Signore Gesù. S. Paolo annota : “Tutte queste cose accaddero a loro (agli ebrei) come esempio e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi” (la redenzione) (1Cor.10,11). L’agnello, al quale “non sarà spezzato alcun osso” (Es.12,46; Gv.19,36) è immagine “tipo” di Gesù, nostra vittima pasquale (1Cor.5,7). Il sangue che ha risparmiato gli israeliti dallo sterminatore è figura del sangue di Cristo: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetto e senza macchia” (1Pt.,19). “Il sangue di Cristo ci ha purificati da ogni peccato” (1Gv.1,7). “Siamo stati riscattati a gran prezzo!” (1Cor.56,20: 7,23)
Il nome della Pasqua (passaggio) fu interpretato come : “Jahwè salva, oltrepassa, risparmia, protegge le case degli israeliti”. L’antica tradizione pastorale assume un nuovo significato: non è solo l’inizio del viaggio nella libertà, ma diventa per sempre la celebrazione del dono storico ricevuto da Dio. La cena pasquale, nella quale si celebra il sacrificio dell’agnello, ci riporta al sacrificio Eucaristico , in cui l’Agnello è Cristo Gesù: “Cristo nostra Pasqua è stato immolato” (1Cor.5,7b), cioè : la condanna che spettava a noi per il peccato originale “è passata oltre”, perché Gesù ha pagato per noi, morendo sulla croce. Gesù ha celebrato la cena pasquale ebraica dando ad essa un nuovo contenuto: la liberazione dal peccato e dalla morte. Noi cristiani ci uniamo a Cristo, morto e risorto, per condividere con lui la vita eterna, rivolgendo la nostra speranza verso la “parusia”, il suo ritorno glorioso. Uniti al Salvatore viviamo personalmente il mistero di Pasqua, morendo al peccato e risorgendo per una vita nuova nello Spirito (Rm.6,3-11 ; Col.2,12).
Per gli ebrei la Pasqua è la prima delle tre feste (Es.23,14 ss.), insieme alla Pentecoste , ringraziamento per la mietitura e poi commemorazione del dono della Legge; alla festa delle Capanne, commemorazione della pellegrinazione nel deserto e della provvidenza. Pasqua è la festa nazionale per eccellenza, commemorazione del passaggio dell’angelo di Iahwè nella notte della strage dei primogeniti, salvezza per gli ebrei e inizio della marcia verso la terra promessa.
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