di Padre Gian Marco Mattei
La rivelazione del Nome di Dio
Nella mentalità dei semiti il nome non è un semplice appellativo, ma l’elemento specifico della personalità. Conoscere il nome di qualcuno dà un certo potere su di lui, così pensavano. C’è qualcosa di vero; pensiamo alla confidenza familiare, al “tu” rivolto alle persone care. Con Dio non possiamo osare tanto!” Ma egli vuole rivelare il suo nome, cioè la sua identità, per condiscendenza, per amicizia, per stabilire una nuova relazione con noi, destinata a rimanere per sempre. Il Signore disse : “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele; ora và io ti mando dal faraone. Fa uscire dall’Egitto il mio popolo.” (Es.3,7-8). Mosè, ovviamente, trova tutte le scuse per esimersi da un compito tanto rischioso: “Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli israeliti?”. Rispose : “Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto servirete Dio su questo monte”. L’esito della missione è certo, ma richiede la fede nella divina anticipazione.
Mosè obietta: “Ecco io vado dagli israeliti e dico loro : Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi! Ma se mi domanderanno qual è il suo nome che cosa risponderò? Dio rispose a Mosè : “Ehye ascher ehye ; io sono colui che sono”.
Parole intenzionalmente misteriose perché racchiudono la promessa di una perenne, progressiva rivelazione che solo Gesù ci avrebbe fatto conoscere. Il verbo “havah” significa esistere, essere presente e, in forma causativa, far esistere. Alcuni hanno visto in questa rivelazione del nome, la definizione metafisica di Dio, “l’Ente a sé”, l’Essere perfettissimo. Ma Mosè, ne ha capito molto bene il senso “vitalistico”: Io sono con te, sarò la tua difesa! I protestanti traducono con: “l’Eterno”. il Signore del tempo e della storia, altri “l’Onnipotente“, altri il Dio “Fedele”. Ricordiamo la stupenda autodefinizione di Cristo nell’Apocalisse : “Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio, Colui che era, che è, che viene: il “Pantocrator”, il Signore del cosmo” (Ap.1,8).
L’interpretazione del nome risulta chiara dal contesto: Dio, “Jhwh”, sarà con Mosè come già era stato con Abramo, Isacco e Giacobbe: sarà la sua guida, la sua difesa, una presenza salvifica per Israele. Mentre Mosè è solo davanti a Dio, per il Signore il popolo è al primo posto! Infatti, chiama Israele “suo popolo”(Es.3,10). “Mio figlio primogenito” (Es.4,15). Anche qui c’è una costante dell’agire divino: Dio chiama e manda; ogni vocazione è preludio di una missione.
Mosè accampa altre obiezioni: “Ecco non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: non ti è apparso il Signore!” ( Es.4,1).
Seguono alcuni prodigi a conferma del mandato, ma Mosè insiste ancora : “Mio Signore, io non sono buon parlatore… sono impacciato di bocca e di lingua” Alla replica del Signore, Mosè insiste ancora: “perdonami Signore, manda chi vuoi mandare!” . Il Signore si inqueta e gli dà come aiuto il fratello Aronne: “Gli parlerò per te al popolo, sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio” (Es.4,16).
Nei primi sei capitoli dell’Esodo Dio ci invita a riconoscerlo come :
- Colui che è , il Dio “vivente”, presente. operante, immutabile, eterno ; gli idoli sono una vacuità assoluta, un nulla (Cfr.1Cor.10,1 ; Sap.13,10ss. 14 ; 15,7-13 ; Sal.135,12-21).
- Il Dio “tre volte santo”. il totalmente diverso!
- Il Dio fedele all’alleanza, stipulata con i patriarchi, che annuncia la liberazione imminente
- Colui che chiama, per associare l’uomo alla sua opera.
- Colui che fa entrare nella sua intimità, rivelando il suo nome.
- Colui che dà l’esistenza, perché entra nella storia umana, come entra nella natura da lui creata.
- Colui che è dinamicamente presente in mezzo al suo popolo.
- Il dominatore assoluto che conosce le resistenze del faraone, simbolo del male, e le spezza.
II Significato del nome : “Signore” (Es.6)
Due racconti dello stesso evento (Es.3 e Es.6) che vanno letti insieme ; quest’ultimo è di origine sacerdotale.
Il Signore parlò a Mosè e gli disse : “Anì Adonai” : “Io sono il Signore! Sono apparso ad Abramo a Isacco e a Giacobbe come Dio onnipotente, (El Shaddai) ma col mio nome di Signore (Jhwh) non mi sono manifestato a loro. Ho anche stabilito la mia alleanza con loro per dar loro il paese di Canaan, quel paese dove essi soggiornarono come forestieri. Sono ancora io che ho udito il lamento degli Israeliti asserviti dagli egiziani e mi sono ricordato della mia alleanza. Per questo dì agli israeliti : io sono il Signore! Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso e con grandi castighi. Io vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio, voi saprete che io sono il Signore, il vostro Dio che vi sottrarrà ai gravami degli Egiziani. Vi farò entrare nel paese che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, ve lo darò in possesso: io sono il Signore! (Es.6,2-8). S. Giovanni riporta nel suo Vangelo la dichiarazione di Gesù: “Io sono”: attestazione esplicita della sua divinità (Gv.4,26; 8,24 ; 28. 58 ; 13,19). Nella preghiera liturgica ci rivolgiamo a Dio Padre, chiedendo grazia “per Cristo nostro Signore”, altrettanto nella preghiera personale e devozionale.
Che cosa vuol dire: “Signore” ?
Il testo che abbiamo letto afferma che Dio si è rivelato ai patriarchi come Dio “Altissimo”, come creatore del cielo e della terra, (El Shaddai), Dio delle altezze, ma non col suo nome di “Jhwh” (Iahweh), “Egli è”; gli Ebrei scrivono “Jhwh”, ma per rispetto, leggono: “Adonai”, “Signore”; il testo greco della Bibbia dei “Settanta”, traduce: “Jhwh” con “Kùrios,” “Signore”. Il nome proprio divino “Iahweh” ricorre 6.823 nella Bibbia.
Ecco allora il significato di “Signore” :
* Il Signore, è Dio che salva .
* ll Signore fedele alla sua alleanza.
* Il Signore che ascolta il grido degli oppressi e libera “con braccio teso”, con potenza.
* Il Signore che offre una propria terra al popolo liberato dalla schiavitù.
* Il Signore che accoglie Israele come “suo popolo particolare” ; con la missione di far conoscere l’unico, vero Dio.
Queste luminose e consolanti verità riguardano la nostra vita! Ma quale fu l’esperienza spirituale di Mosè, così profonda da trasformare la sua esistenza? Mosè aveva trascorso quaranta anni nella casa del faraone, aveva cercato di liberare il suo popolo fidandosi di se stesso e aveva dovuto fuggire; altri quaranta li aveva trascorsi nella solitudine della sconfitta e dell’emarginazione, ma attraverso un’esistenza povera aveva esperimentato sulla sua pelle la situazione di schiavitù dei suoi fratelli: erano queste le condizioni per capire la propria debolezza, la propria impossibilità e affidarsi alla potenza misericordiosa del Signore. Il tormento di non poter liberare i suoi fratelli era un fuoco perenne che Dio gli aveva messo nel cuore.
Dio, grande e terribile, gli appare per insegnargli che la sua trascendenza, la sua potenza divina è al servizio della povertà umana.
Fu una folgorazione che illuminò e trasformò la sua vita : il termine di “Signore” non è solo indicativo della gloriosa potenza di Dio, ma diventa mistero di salvezza: “Jhwh, Dio salvatore!” Così è anche per noi! S.Paolo dirà : “Tutto posso in Colui che mi dà forza!” (Fil.4,13).
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