MOSÈ – L’INCONTRO CON DIO E LA SUA VOCAZIONE (1° parte)

un ritratto a matita di Padre Gian Marco Mattei

di Padre Gian Marco Mattei

Mosè, il grande legislatore, ed Elia, il grande profeta, sono gli uomini dell’A.T. più vicini a Dio ; compaiono, infatti,  accanto a Gesù  nella sua Trasfigurazione sul monte Tabor. Sono coloro che hanno portato Dio a Israele e Israele a Dio. La vita di Mosè è descritta in lungo e in largo nell’intero libro dell’Esodo, e nel Deuteronomio, perciò mi limiterò a presentare alcuni quadri della sua straordinaria esperienza.

Il racconto che segue contiene elementi jahvisti ed altri sacerdotali. “Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto  e arrivò al monte di Dio l’Oreb “  (Sinai – Es.3,1).

L’avverbio “oltre” è di luogo e di tempo; va riferito anche ad un atteggiamento : vuol dire che Mosè oltrepassò le coordinate nelle quali era rimasto chiuso per quant’anni. Rompendo lo schema della sua vita ricuperò la capacità di osservare le cose in modo diverso : un roveto che brucia e non si consuma! Qui c’è già un vero prodigio : scoprire nelle cose ordinarie, qualcosa di straordinario; ne deriva la capacità di interrogarsi : non si può vivere senza domande e risposte! Nell’immensa   solitudine di “una landa di ululati solitari” (Dt.32,10), dove Mosè si è rifugiato per fuggire l’ira del faraone, “Qualcuno” lo conosce,  lo cerca, lo ama, tiene conto della preziosità della sua vita. “L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco  in mezzo ad un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel fuoco non si consumava. Mosè pensò: “voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo : perché il roveto non brucia?”  Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal Roveto e disse : “Mosè, Mosè!” Rispose :  “eccomi!”. Riprese : “Non avvicinarti! Togliti i sandali  dai piedi, perché il luogo dove stai è una terra santa!”  E disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso poiché aveva paura di guardare verso Dio”. (Es.3,2-6).

Mosè, Mosè!” il suo nome gli ricorda chi è: un salvato dalle acque. Il suo nome, ripetuto, lo stana dal suo nascondiglio, gli ripete il senso del suo destino: salvato per salvare!  Mosè risponde semplicemente: Eccomi!”. È l’eco del “sì” di Abramo, (Gn.12,41), sarà il “sì” di Gesù (Ebr.10,7), sarà il “sì” di Maria (Lc.1,38), deve essere anche il nostro! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è terra santa (Es.3,5b). Dio che ci sta davanti e ci chiama è il Dio “tre volte santo”, che esige il massimo rispetto; non si può entrare nell’ambito della sua santità e della sua trascendenza  se non “a piedi scalzi”, cioè umilmente, ben consapevoli della nostra povertà, dei nostri peccati ; quindi anche consapevoli che a Dio non possiamo imporre la nostra andatura, ma dobbiamo accogliere umilmente la sua; il valore della vita non sta in ciò che indossiamo, né in ciò che diciamo o facciamo, ma, nel nostro essere : persone create a immagine e somiglianza  di Dio, da lui amate.

Il deserto che per quarant’anni è stato un luogo di emarginazione, diventa il luogo dell’incontro con Dio! Egli ci sorprende sempre, non cessa di stupirci, perché è capace di ribaltare le nostre situazioni; come avverrà per Elia: Dio cambiò la sua fuga in missione! (1Re.19).

Dunque, Dio va cercato nella nostra vita: il roveto ardente che non si consuma, prima di essere un fatto esterno, è l’insoddisfazione, l’anelito, il tormento che Dio ha acceso nel cuore per liberarci! Una bella preghiera della “Comunità delle Beatitudini,” cristianizzando la preghiera ebraica delle 18 Benedizioni, (Shemonèh Esre) recita : “Benedetto sei Tu, Signore, che tocchi il nostro cuore e lo riempi  di una tristezza secondo lo Spirito, che ci conduce al pentimento. Tu dici: Beati coloro ai quali è concesso il dono delle lacrime, perché io con la mia mano asciugherò i loro occhi”.

Mosè, allora si velò il viso(Es.3,6).

 Chi è toccato dal mistero per giungere all’incontro con Dio, bisogna che sia umile, deve “coprirsi il volto”, ossia evitare l’inganno dei sensi e introdursi con la fede nel santuario del proprio cuore, ove si riflette la luce divina.  È in questo santuario che si può percepire che tutto passa, che nessun valore è paragonabile a quel fuoco divino  che arde e non si consuma mai! Mi vengono alla mente le sapienti parole di una grande mistica, Santa Teresa d’Avila: “Nulla ti turbi. Nulla ti spaventi. Tutto passa. Dio non cambia. La pazienza tutto ottiene. Nulla manca a chi possiede Dio. Dio solo basta!”  Per giungere all’incontro con Dio che salva dobbiamo inoltrarci in sentieri di verità e di giustizia, osando sperare dove tanti non sperano più; rompendo schemi precostituiti, aprendoci all’inedito, perché il Signore che ci chiama rifiuta di rivelarsi  negli spazi angusti dell’orgoglio, dell’incredulità in cui tante volte pensiamo di racchiuderlo. Beato chi, fidandosi di Dio, sa rinunciare al proprio progetto per accogliere quello che Lui ha tracciato per noi, come ha fatto la vergine Maria.

Soltanto chi ha deciso di andare oltre il deserto, superando nella fede orizzonti sconosciuti, sarà in grado di guidare altri  verso mete di libertà e di autentiche realizzazioni. Ma, attenzione! Senza la grazia, ottenuta con la preghiera,  non si entra nel mistero di Dio bontà infinita”.

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