Di Emiliano Tognetti
Un Forte, una storia, tante storie. Questa in estrema sintesi potrebbe essere la recensione di uno spettacolo eccezionale che è ricominciato ieri al Forte di Fenestrelle, in provincia di Torino. Giunto al ventitreesimo anno di rappresentazione, dopo uno stop forzato a causa della pandemia, rimane una suggestiva rappresentazione che racconta la storia e le storie del Forte difensivo più lungo d’Italia e non solo, e ti fa calare per qualche ora in tempi ormai antichi, ma meglio di una realtà virtuale immersiva, visto che data la particolare conformazione climatica, puoi rivivere la storia realmente con tutti e cinque i sensi.
“Il racconto delle Antiche Mura”, questo il titolo della rappresentazione notturna a cura dell’Associazione “PROGETTO SAN CARLO – FORTE DI FENESTRELLE” onlus, è una percorso ricostruito con dovizia di particolari, che ti permette di assaporare la dura vita dei secoli scorsi, in particolare nel frangente fra il 1713 ed il 1945, con la conclusione della Seconda guerra mondiale.
Dall’apparizione della guarnigione dei soldati che arrivano a dare manforte ad una “cittadina militarizzata” di duemila uomini al saluto del Colonnello che li accoglie ed invita, a nome di Sua Maestà l’imperatore dei Francesi Napoleone I, a visitare la struttura e vivere per qualche ora il suo piccolo regno, dove lui amministra ordine e giustizia.
Ed i volontari dell’associazione ricostruiscono i movimenti, i suoni, gli ordini in francese e piemontese dell’esercito di stanza al Forte. Da quel momento inizia un percorso fatto di storie, di personaggi tratti dalla narrativa o dalla storia che raccontano il loro travaglio, siano essi civili o soldati, lamentando, oltre che la fame, il disagio di promesse di carriera militare non mantenute, quello che è il vero nemico che non guarda in faccia a nessuno, soldato o prigioniero, ricco o povero, privilegiato o meno: il freddo ed il vento che praticamente in ogni stagione dell’anno abbraccia le mura del forte e rende impossibile il vivere decentemente una vita già difficile in una condizione estrema.
Bisogna riconoscere che, per essere intorno alla metà di giugno, vicini all’inizio della stagione più calda dell’anno, il freddo e il vento si sono fatti sentire anche a noi, che pure avvolti nelle nostre giacche, seguivamo interessati le storie del Conte di Montecristo, delle lavandaie, del Cardinale segretario di stato, dei soldati e delle nobildonne prigioniere di mura fredde, fatte di sassi e calce, di freddo e di ghiaccio nei mesi più duri.
Oltre ai costumi e ad una recitazione di gente che vive la realtà quotidiana di un forte assalito pacificamente da masse di turisti, quello che riescono a far risaltare in mezzo a tanto disagio narrativo, è il contrasto fra la speranza di riuscire a mitigare o risolvere la loro situazione e la voce di alcuni addetti, come il cuoco o del costruttore del Forte, che invece raccontano con orgoglio il loro mestiere e quanto fanno ogni giorno per i soldati e i prigionieri, quasi li dovessero ringraziare.
Non manca anche un rimando all’epoca contemporanea, quella dei nostri nonni, che conclude il racconto e ci ricorda che il forte è stato teatro anche nell’ultima grande guerra mondiale e che è anche grazie al sacrificio di molti partigiani piemontesi e di un pezzo di muro del forte, se noi oggi possiamo godere di una pace e di una libertà, probabilmente sconosciute in altre combinazioni storiche.
Veramente in questo percorso si può comprendere quanta cura hanno messo i volontari nell’allestimento di questo percorso storico-teatrale che, assieme al freddo naturale, ti avvolge nella storia e ti permette di riassaporare tempi antichi, eppure così moderni e carichi di storie ed insegnamenti validi anche per noi, generazioni che il Forte ce lo possiamo godere, senza armi, senza fame e con la possibilità di difenderci dalla livella del freddo pungente.
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