Come sta la Moldavia? uno sguardo oltre i confini dell’Europa

Di Emiliano Tognetti

Noi di “7Gifts.org” abbiamo una lunga tradizione di amicizia con l’Est Europa e con molti amici del giornale, che abitano dentro e fuori i confini dell’Unione, precisamente in Romania ed in Moldavia. Visti i moltissimi Lockdown nazionali e locali, abbiamo chiesto agli amici dell'”Osservatorio Balcani e Caucaso”, di fornirci uno sguardo attuale e prospettico su quanto accade attualmente oltre i confini, nella terra dei moldavi.

  • Siamo con Francesco Magno, collaboratore di “Osservatorio Balcani e Caucaso”; grazie, per aver accettato di rispondere a qualche domanda sulla Moldavia. Parto subito con la prima domanda: la Moldavia è un Paese uscito dall’influenza dell’ex Urss; oggi quali sono le principali fragilità sociali ed economiche che possiamo trovare, in particolare a Chişinău?
  • La Moldavia, come tutti gli ex paesi che facevano parte dell’Unione Sovietica, ha una società fragile e debole; è una democrazia giovane, non ancora forte e ben radicata, indipendente dal 1991. Ci sono degli aspetti che noi occidentali diamo per scontato, ad esempio una netta separazione fra i poteri dello stato, una stampa libera, che lì non sono ancora pienamente realizzati. Questo non vuol dire non ci sia separazione dei poteri o che la stampa non è realmente libera, ma che lo sviluppo delle istituzioni deve seguire ancora il suo cammino. Per fare un esempio, mentre nel mondo occidentale il potere giudiziario è meno permeabile a certe influenze politiche, in Moldavia c’è una commistione a volte più ambigua. Inoltre, vi sono delle fragilità economiche chiare, che nascono anzitutto dal fatto che la Moldavia è un paese piccolo con relativamente pochi abitanti; se non sbaglio sono tre o quattro milioni, di cui un terzo a Chişinău e il resto sono aree di campagna, con un’economia debole. Già questo dimostra come l’economia moldava non segue uno sviluppo industriale adeguato, perché le vecchie industrie che c’erano ai tempi sovietici stavano soprattutto in Transinistria. Dopo la guerra hanno preso un’altra direzione e quindi l’area è rimasta priva di quelle industrie che aveva in epoca sovietica; sono tutti paesi che hanno un’economia basata sull’agricoltura e, di fatto, sugli aiuti che vengono da fuori.

 

  • In generale, direi che pesa anche l’alto tasso di emigrazione verso l’Europa occidentale.
  • I moldavi, come anche altri popoli dell’Est Europa, sono partiti in massa negli anni’90 del’900; ma ne riparleremo fra poco, analizzando le ultime elezioni. I votanti esteri erano tanti e sono stati decisivi perché la popolazione all’estero è numericamente considerevole, soprattutto nell’Europa occidentale, anche se ormai comunità moldave consistenti si trovano anche negli Stati Uniti e in Canada, ma la maggior parte risiedono nell’Europa occidentale.

 

  • La pandemia che impatto ha avuto sulla popolazione, soprattutto sulle categorie più fragili socialmente?
  • Ha avuto l’impatto simile al resto del mondo; il Covid ha tagliato le gambe all’economia, perché gli aiuti che la Moldavia riceve da fuori non sono arrivati più nella stessa consistenza. Inoltre, il lockdown della primavera scorsa, che ha causato la chiusura di alcune attività e, soprattutto, ha avuto un terribile impatto sul sistema ospedaliero. La sanità è un molto rudimentale, specialmente fuori da Chişinău, ho letto e mi è stato raccontato, anche di difficoltà a reperire respiratori fuori dalla capitale. Ancora ad ottobre, quindi sei-sette mesi dopo l’inizio ufficiale della pandemia le città più piccole della Moldavia, chiedevano a Chişinău di mandare dei respiratori, anche vecchi, di seconda mano, perché loro non li avevano. Questo è indicativo dello stato di arretratezza in cui si trova il sistema sanitario moldavo rispetto non solo quello dell’Europa occidentale, ma anche quello di un Paese fratello come la, almeno dal punto di vista linguistico. La Romania ha tanti problemi sanitari, ma a settembre i respiratori c’erano.

 

  • Qual è l’umore medio delle persone oggi? Se lo dovessi ipotizzare da prima della pandemia al dopo.
  • Secondo me, c’è un generale senso di frustrazione. Questo è dovuto, in parte, al fatto che molte cose che i moldavi potevano fare, ora non possono più farle, come viaggiare liberamente. Viaggiare per loro non è solo turismo, vuol dire anche prendersi cura dei familiari, poter curare un parente che abita a distanza, la salute e poter tornare a casa. Tuttavia, c’è anche da dire molte persone non credono all’effettività della pandemia. Ho visto un sondaggio che è stato presentato da una televisione moldava in cui risulta che più del 40-45 per cento degli intervistati si dichiara “scettico”. Ad ottobre c’erano ancora le messe in massa, senza precauzioni, e si formavano lunghe code, secondo l’usanza ortodossa, come quella per il bacio delle icone, che in tempi come questi richiederebbe qualche attenzione in più, nel rispetto sia delle norme sanitarie che delle tradizioni religiose.

 

  • Che impatto ha avuto la recente elezione di Maia Sandu alla presidenza. Prima mi raccontarvi del fatto che in questo caso c’è stata una forte influenza del voto estero. C’è il sentimento che qualcosa può cambiare, che si può aggiustare anche in chiave filoeuropea?
  • L’elezione è stata tre settimane fa. Siamo ancora nel campo delle sensazioni, perché dati certi sulla sua politica ancora non li sappiamo. Quel che è certo è che, sicuramente lascia speranza, perché ha mostrato posizioni filoeuropee e filooccidentali; ha anche molte conoscenze, è molto ben integrata noi nei circoli politici del mondo occidentale; basta considerare il fatto che ha studiato ed ha una formazione economica negli Stati Uniti. La sua formazione americana è importante, se penso al dialogo che potrà avere con gli Stati Uniti visto che cambierà il governo e questo sarà importante, anche perché la Moldavia, per la sua posizione geografica, per il suo ruolo sugli equilibri, è una pedina non trascurabile di uno scacchiere orientale.

 

  • Pensi che questo faciliterà po’ il riavvicinamento con la Romania, come nel sogno di Dabija?
  • Premetto che ho le mie idee personali su questo; io mi occupo più di Romania che di Moldavia e in quanto ho studiato in Romania e ci vivevo. Durante le elezioni, mi risulta che ci fosse un solo candidato dichiaratamente a favore ed ha preso, mi sembra lo 0,6 o 0,7%. I moldavi vogliono l’Europa e vedono nella Romania “il mezzo”; fra questi paesi ci sono delle grandi agevolazioni per i moldavi che vogliono studiare, hanno delle procedure facilitate per l’ottenimento della doppia cittadinanza. Quindi per loro è una vicinanza pratica. Però, dubito che i più progressisti vogliano scegliere l’unione con la Romania, non è una strada percorribile ad oggi.

 

  • Dall’Italia, secondo te, quali possono essere gli aiuti più efficaci per sostenere gli amici moldavi sul loro territorio?
  • Secondo me non c’è un modo più efficace che perorare la loro causa in sede europea, perché quello è veramente l’aiuto più importante che noi italiani possiamo dare ai moldavi. Nel concreto, fuori dall’Unione è difficile per i circuiti europei, fare qualcosa. In questi anni, l’Italia ha cercato meno lo scontro con la Russia per innumerevoli ragioni e quindi è stata timida nel portare avanti la causa Europea di questi stati. 

 

  • L’Italia negli anni ’90 ha ospitato molte persone provenienti dall’Est-Europa.
  • Sì, perché rispetto ad altri paesi, ha avuto un flusso di migranti più consistente. Dalla fine degli anni Novanta, sono in Spagna ed in Italia la maggior parte dei moldavi perché, molto banalmente, facevano meno fatica a imparare la lingua rispetto al tedesco; anche la maggior parte dei romeni e moldavi stanno cercando lavoro più facilmente in Italia e in Spagna. Questo però non si è tradotto da parte delle istituzioni nell’avere una vera politica immigratoria per l’Italia, almeno per l’area balcanica. Gli interessi geopolitici dell’Italia, comunque, vengono difesi molto male a prescindere. A Palazzo Chigi vanno verso il Mediterraneo; l’Italia ha lasciato a sé i Balcani, l’Est Europa, anche nella politica economica.

 

  • Sono tantissime le aziende familiari, anche italiane, italo-rumene o italo moldave, in Europa.
  • Sì, certamente, ma sono abbandonate, sembrano andare in ordine sparso. Ci sono gli imprenditori, ma sono piccole realtà disseminate sul territorio, mancano politiche centrali ed è quindi che si crei dietro un movimento politico-economico di supporto. Questo lo deve anche incentivare lo Stato, almeno dal mio punto di vista.

 

  • Ti ringrazio

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