di Emiliano Tognetti
Cara lettrice, caro lettore,
ha presente questa frase: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuole esser lieto, sia, di doman non c’è certezza”? Questo è forse il verso più famoso del “Canto di Bacco” di Lorenzo de’Medici, signore di Firenze nel XV secolo. Con queste parole, siamo invitati a guardare all’oggi al godere dei piaceri che abbiamo adesso perché non sappiamo cosa sarà del domani; qualcuno spesso lo ha associato ad un atteggiamento contrario alla fede, come un invito all’effimero, a godere del piacere dei sensi ora e non avere come orizzonte l’eternità.
Eppure queste parole mi ricordano tanto un invito che ci ha rivolto Gesù “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.” (Mt 6,33-34).
Vi dico questo perché spesso io mi trovo in questa situazione di affanno e non lo nego, soprattutto in campo affettivo. Questo mi succede perché spesso mi sento in competizione con altri ragazzi, sento il peso degli insuccessi e sinceramente dei tanti rifiuti ricevuti.
E spesso mi hanno detto “stai tranquillo che quando meno ci pensi, arriva”, “abbi fiducia nel Signore che provvederà”, oppure arrivano quelli che hanno già la risposta pronta, magari dopo un bel corso e ti dicono “prima che tu trovi la ragazza, devi fare questo o quello, non sei pronto è per questo che ancora non la trovi, perché le ragazze vedono che non sei uomo e quindi non si lasciano andare” ed altre frasi del genere. Ovviamente ho semplificato molto, e in quello che dicono c’è molta verità! E questo discorso vale anche per le ragazze, nei confronti dei maschi, non è che ne sono esenti.
Eppure, ve lo confesso, in tutto questo c’è qualcosa che non mi va giù! Non mi va giù questa idea dei compiti a casa da fare per avere qualcosa o qualcuno, né tantomeno un lasciar fare qualcosa in maniera passiva al Signore, come se io non dovessi quasi metterci del mio.
No, io non ci sto! Non datemi dello “scalfariano”, ma in tutto questo io non ci sento più di tanto Dio. Sarò superbo, ma mi viene a mente la scena di Giobbe con i suoi amici, quando vanno a consolarlo per la sua situazione di povertà e di malattia e gli dicono che è colpa di quanto ha peccato, di quel che non ha fatto, che non ha più la benedizione del Signore etc. e Giobbe quasi li caccia e grida al Signore, lo sfida ed il Signore accetta la sfida con Giobbe e gli dimostra che lui è un piccolo uomo, uno che nel suo dolore ha gridato a Dio e Dio non si è rifiutato di mostrarsi e meraviglia delle meraviglie.. Dio dice ai suoi amici che loro non ci hanno capito nulla ed è bene che chiedano a Giobbe di intercedere per loro perché Giobbe è un giusto e Dio ha gradito la sua preghiera.
Ma perché vi scrivo questo? Perché io sono stufo. Non sono stufo di Dio eh! Sono stufo di lacci e laccioli che mi impediscono di amare Dio come vorrei, con quella libertà di cui parla san Paolo “Cristo ci ha liberati, perché fossimo liberi” (Gal 5,1).
E questa anelito di libertà lo è dal mio passato, dal male che anche io ho ricevuto e che anche ho procurato a chi mi era vicino, consapevolmente o meno.
Spesso, mi capita di parlare con amiche (d’altronde sono maschio e pure psicologo, forse nella mia deformità mentale voglio ancora capire cosa pensano le ragazze) e mi trovo di fronte delle creature, delle figlie di Dio stupende, ma con ancora un’idea del principe azzurro, come nelle favole. No, per carità, nessun cinismo! Ma spesso mi chiedo in che mondo viviamo e che idea noi abbiamo della persona che vogliamo accanto e non vi nego che a volte mi sono sentito “non all’altezza delle aspettative” di una ragazza.
Non è uno sfogatoio questo pezzo, sia chiaro.. ma è un voler avere il coraggio di dire la verità!
Ragazzi, siamo fragili! Spesso ci mascheriamo dietro a trucchi e trucchetti e siamo in ansia perché vogliamo guadagnarci l’amore dell’altro e dell’altra, senza renderci conto che l’amore ci è donato e che per ricevere, dobbiamo arrivare a morire a noi stessi, questa è la vera libertà di Cristo!
Gesù, essendo Dio, è talmente libero che può dire della sua vita: “Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio.” (Gv 10,18).
Come possiamo noi avere una tale libertà, da poterla donare a Gesù e agli altri? Anche e proprio per amore di una persona particolare, visto che San Paolo ci ricorda che a noi “mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei.” (Ef 5,25).
Secondo me, incominciando col gridare a Dio il nostro dolore, la nostra miseria e la nostra fragilità!
Gesù non vuole i nostri meriti, ma le nostre fragilità, le nostre paure, le nostre miserie! Queste ci tengono legati con dei nodi che spesso ci soffocano e ci fanno avere le paure più strane verso gli altri, verso una persona che ci piace, ma verso cui ci freniamo per paura di ferirla!
Ovviamente c’è caso e caso, come al solito.. ma perché ci dobbiamo frenare interiormente? Perché, molto probabilmente ancora non siamo liberi dalle nostre paure! Qualcuno dirà “ma quando trovi quella persona cui piaci, lei ti manderà quei segnali per farti capire che gli interessi..” certo! A volte capita così.. e se non capita? Voglio dire, non diamo per scontato che capiti che conosci una persona e a questa tu piaccia per come sei così in automatico.. può capitare, ma non è detto!
Quello che, secondo me è importante è imparare ad essere liberi con sé stessi, allora potremo veramente donare e donarsi e ricevere l’amore! Perché Dio è amore e come diceva papa Benedetto “si irradia”!
Come si fa allora a liberarsi? Intanto prendendo coscienza del nostro passato, del nostro peccato ed avendo a mente che Gesù ama anche quelle nostre parti, Gesù ama i nostri nodi ed è solo amandoli che li può sciogliere con noi! Spesso noi mentiamo a noi stessi, ma se noi siamo tempio di Dio, mentiamo anche a Dio che abita in noi! E quante volte non ce ne accorgiamo!
Io nella mia gioventù sono stato anche umiliato, messo da parte da alcune persone e trattato come un “ragazzo a metà” e questo alla lunga mi ha creato delle paure e dei complessi che ancora oggi mi porto, dei rancori che via via si svegliano.. ebbene Gesù mi chiama ad amarmi anche lì! Quanto tardi l’ho capito, anche se in Lui non c’è tempo e quindi, non è mai troppo tardi per rimediare!
Se io non imparo ad amarmi, come posso avere la libertà ed il coraggio di iniziare la storia con qualcuno, mi chiedo io? E questo mi fa capire quanta strada devo fare, perché se non mi amo, non amo quel Gesù che è in me, che vive con me, che abita nel mio cuore e che mi vuole felice!
Lui mi ama così come sono e mi vuole libero, ma se io non mi amo e non amo il mio passato a partire da ciò che mi ha ferito, come faccio a liberarmi?
Ragazzi, diciamoci la verità.. spesso ci mettiamo con qualcuno che ci piace, semplicemente per riempire un vuoto. Quante volte passiamo da una persona all’altra in preda all’inquietudine perché “abbiamo paura di rimanere soli”? Me lo hanno fatto notare e lì per lì ho anche negato, poi mi sono fermato e mi sono interrogato ed era vero.. fuggivo da me stesso, l’altra non sarebbe stata la persona che avrei amato, ma sarebbe stata una sorta “di conquista”, di “trofeo” per dimostrare al mondo che anche io valgo qualcosa.. Ma per quel “qualcosa”, quanta verità mi perdo? L’altro mi ama perché “mi accetta” o perché “mi accoglie”? la differenza è notevole! Nel primo caso, come spesso capita, noi viviamo senza problemi, come tanti “don Abbondio”, nel secondo caso invece viviamo in pienezza la vita!
L’accettarsi è un primo passo, certamente! Ma spesso è un accontentarsi! È per questo che ringrazio Dio di frenare ancora la mia esuberanza e di parlare al mio cuore dicendomi di aspettare!
Perché la prima persona che deve amarmi, dopo Lui, sono io! Solo allora avrò la libertà e la possibilità di esaudire quel desiderio che Dio mi ha messo dentro, quel desiderio di famiglia che palpita dentro di me! Se voglio fare le cose come Lui comanda, devo imparare ancora a stare alla sua scuola e a lavare le mie ferite nel suo Sangue che mi dona la libertà e mi fa sentire quel figlio amato che sono e di irradiare negli altri l’Amore che ha piantato in me, come un seme nella buona terra che “dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta”. (Mt 13,23).
Be the first to comment on "Delle paure, della fretta e di quanto siamo fragili…"